... Si capisce, studiando le varie fasi del lavoro, come nel maestro sia fermamente radicata l'idea in base a cui l'arte è quella attitudine che permette di trovare una forma che potrebbe essere definita "primaria", ma tale da assumere, poi, forme diverse. In questo senso Titonel segue una strada che nel secolo ventesimo fu percorsa da altri artisti singolarmente oscillanti tra una forte componente emotiva - ironica e una componente contemplativa-meditativa, come Campigli. Non c'è evidentemente nessun influsso stilistico del genere nel lavoro di Titonel ma c'è un modo di affrontare l'arte che è sistematico e caotico insieme, tipico di una particolare tradizione dell'arte italiana che ha avuto, nella fase pop tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, un momento di indubbia esaltazione. Titonel viene da lì, come è ben noto, e da lì sviluppa tutti i presupposti della sua pittura che ha l'aspetto di una variazione perpetua su una formidabile base disegnativa, che a qualcuno ha fatto venire in mente la sua primissima attività di grafico pubblicitario, naturalmente orientato verso la sintesi di una sigla. E non c'è dubbio che Titonel sia artista contraddistinto dalla tendenza a una forte iterazione del segno quasi a prescindere dal significato del segno stesso. Eppure proprio ragionando sulla serie (che poi è una serie fino a un certo punto) del vincitore, oggetto recente di una monografia a cura di Luciano Caramel, si capisce bene cosa significhi per il maestro la costruzione di un insieme che muove i suoi presupposti da una forma di base. La sua variazione è quella che si attua su un modello di cui deve essere rimarcata l'immobilità, cioè, paradossalmente, l'impossibilità di cambiare.
La chiave di volta si rintraccia quando la sagoma del vincitore diventa, con un divertito soprassalto, la sigla del nuotatore perché, girata l'immagine che resta sempre uguale a se stessa, l'impressione è che il gesto di vittoria muti, senza cambiare, in quello di una bracciata nell'acqua. Ma sempre di un fatto sportivo si tratta e così le figure si moltiplicano sulla base della nuova lettura che l'artista stesso ha dato alla sua immagine facendola cadere nella piscina. Così si percepisce ancora meglio l'archetipo della sagoma che, essendo tale, non può cambiare ma solo essere sottoposta a un assedio di moltiplicazione e disintegrazione che la consuma dall'interno. Ma non si perde mai, come nella idea novecentesca della variazione musicale in cui il lavoro intorno al tema non lo annulla mai ma lo fa produttore di una gamma di aperture e chiusure che fungono da sostanza narrativa. La variazione di Titonel è come il jazz di Thelonius Monk e Bud Powell, in cui la rincorsa verso la sparizione del fulcro originale è la giustificazione stessa della sua esistenza e a quello non si rinuncia perché ci tiene ancorati al reale e perché è bello. L'arte di Titonel è stata sempre profondamente vera e sempre profondamente nutrita di emozioni, anzi un certo sovraccarico di senso del reale è sempre latente in tutta la sua storia e qui il problema non è tanto quello dell'iperrealismo o della particolare sagacia della mano del maestro, peraltro indubbia. Il problema interessante è quello della altissima riconoscibilità dell'immagine intesa come nucleo generatore, che è come l'idea della stella polare nel cammino dei viandanti. A volte il pittore scruta da molto vicino l'immagine, a volte individua l'immobilità assoluta dello spazio e del tempo e sfrutta a fondo le sue capacità mimetiche, a volte respinge l'immediata riconoscibilità. Preferisce talvolta aggirarsi in stazioni desolate e solitarie, con paradossali echi di futurismo macchinistico ma di segno negativo, o tra sportivi osservati con lo stupore e il compiacimento di un Umberto Saba della pittura in ricognizione su immagini straniate, incerto se subire il peso di una provincia sonnolenta o di una città frastornante. Certo è che il culto dell'arte come esercizio sovrano della forma attraversa tutta la sua opera con una crescente accentuazione di disincanto e distacco dall'accesso di coinvolgimento emotivo che, invece, è il contenuto ripetutamente scelto dal maestro specie quando si tratta di una sconvolgente emotività popolare, come nel caso di Padre Pio emblematico personaggio, o in quello, appunto, del vincitore sportivo anch'esso emblematico di una situazione generale di entusiasmi e illusioni. Ma l'idea della sagoma che si mantiene uniforme e riconoscibile pur nel combattimento figurativo a oltranza, cela una certezza concettuale che può ammettere i due livelli della più profonda discussione filosofica e della più divertita battuta colloquiale, riscontrabili nella opposizione e distinzione tra il fatto di variare e il fatto di cambiare. La sigla che presiede a tutta l'operazione estetica varia continuamente ma non cambia mai. Il tema non ammette variazione ma pretende cambiamenti come a spostare continuamente l'ottica di approccio. Sembra rievocata, in tempi di frenesia per l'immagine cinematografica, l'idea antica della lanterna magica in cui i personaggi scorrono, compaiono e ricompaiono, sembrano raccontare storie ma sono sempre gli stessi eppure, proprio per questo motivo, accendono la fantasia di chi guarda. E qualcosa del genere accade all'osservatore dell'opera di Titonel che si trova di fronte a un maestro maturo e complesso, eppure mantiene una sostanziale facilità di accostamento come se la verità delle cose fosse a portata di mano.