La creazione artistica ha sempre cercato di rappresentare qualcosa di irrapresentabile ai più, di fare in modo che le esperienze di confine tra caos ed emozione pensabile, tra simbolico e asimbolico, si organizzino in qualcosa di riconoscibile. L'arte ha il pregio di farci accostare a quei prodotti "estetici", che sono una delle manifestazioni più visibili della funzione mediatrice tra la sensorialità e il pensiero. Il suo linguaggio che, pur in molti casi si appoggia ai codici della tradizione, ne mostra i limiti e la caducità, trovando il modo di rompere e modificare quei codici, così da renderli idonei a contenere quanto non è stato ancora detto, e a comunicare quanto è rimasto fino ad ora confinato nel pre-verbale. Questo tipo di attenzione, esteticamente orientata, consentendoci di andare al di là del già-udito, del già-detto, del già-visto, sostiene la curiosità dello spettatore che vuole esplorare quanto vi è di più specifico e poetico nel lavoro dell'artista con cui abbiamo a che fare, acuisce la sensibilità a coglierne la "singolarità".
Voglio sottolineare che lo stimolo estetico, come nel caso di Angelo Titonel, ci allontana dalla realtà esterna e ci avvicina alla realtà psichica, scuotendo il nostro assetto emozionale, e sottolineando quanto poco abbia a che fare con i fatti oggettivi, e quanto invece risvegli esperienze soggettive, non ancora integrate e perciò inquietanti.
L'opera, degna di questo nome, è indubbiamente portatrice di una forza seduttiva, ma questa non deve significare malia ingannatrice, bellezza perfetta che indebolisce le capacità conoscitive, deve invece rendere giustizia a quella creazione immaginativa tesa a cogliere il vero attraverso ciò che non è reale.
Sin dagli anni Settanta, e anche prima, Angelo Titonel inizia il suo percorso intorno al corpo umano, inteso quale segno cosmico, centro di riferimento di spazio e tempo, i quali perdono oggi i loro connotati oggettivi per esprimersi come prossimità e lontananza dalle cose e dai sentimenti, esprimendo una insopprimibile solitudine rispetto alla attuale società del consumo in tempo reale.
Come abbiamo già visto nella serie "Winner" degli anni 2000, il corpo è una riserva infinita di segni in cui i vari saperi scelgono quelli più vicini alla loro ragione culturale. Nasce così quella metamorfosi del corpo che di volta in volta diventa organismo da studiare per la medicina, forza lavoro per l'economia, inconscio da liberare per la psicologia, potenziale di violenza da controllare per la legge, supporto di segni da trasmettere per la semiologia. Ci siamo dimenticati la parola autentica del corpo, ridotto ogni volta a superficie di scrittura in cui si possono leggere tutte le iscrizioni che i vari saperi vi hanno impresso nel corso della vita. Noi, però, abitatori di questo corpo, rischiamo di visualizzarlo come i saperi ce lo descrivono, perdendo quindi tutti quei valori di senso che il nostro corpo custodisce inascoltati, perché non suffragati da precise indicazioni legate ad immagini riconoscibili.
Se da tempo ignoriamo il nostro corpo per abitare solo le descrizioni che i vari saperi ne hanno fatto di lui, le parole, i sentimenti, le emozioni, che i vari saperi non raccontano sono perduti per tutti.
Affinché il lavoro sul corpo acquisti un profondo significato, è necessario che esso si riaffacci come una presenza al mondo, in tal modo il di-squilibrio delle sue funzioni non sarà solo più un fatto biologico, ma assumerà il significato psicologico di un'esistenza che vive una dimensione d'essere in tutto ciò che non può più fare, osare, intraprendere.
Una delle visibilissime caratteristiche del lavoro di Angelo Titonel è il suo acuto spirito d'osservazione, il desiderio impellente di scandagliare, nonché un'emotività che scorre come una forza interrogativa sulla pelle delle sue opere. Con quest'ultimo gruppo di lavori - collocabili negli ultimi tre anni di ricerca - l'autore infatti ci fa capire molte cose intorno ai sensi e alla percezione, intorno ai quali si costruisce il nostro universo concettuale e metaforico.
A proposito di universo metaforico notiamo immediatamente un notevole gruppo di opere (oli su tavola) che rappresentano mani colte in mille posizioni, atteggiamenti ironici o drammatici, esse esprimono un'idea di attività come di potenza e di dominio. Potremmo vedere in queste mani, ricoperte da guanti o rigide come arti artificiali, le quali lasciano trasparire il libero sviluppo dell'esperienza interiore, un microcosmo che sfugge al condizionamento spazio temporale.
Per la pittura come per la scultura le posizioni delle mani e delle dita sono il simbolo di atteggiamenti interiori - come si vede anche nei principali mudrà buddisti - concentrazione meditativa, argomentazione, dialettica, il dono, la carità, la pacificazione, l'illuminazione, trasferimento di energia. Tutte le civiltà, con maggiore o minore sottigliezza, hanno usato e usano il linguaggio delle mani. Ma la mano è talvolta paragonata all'occhio: essa vede. E questa è l'interpretazione della psicanalisi, considerando che la mano che appare nei sogni è l'equivalente dell'occhio. In fondo la mano, con la quale è molto difficile "mentire", è una sintesi, esclusivamente umana del femminile e del maschile: è passiva quando contiene, attiva quando tiene, serve da arma e da strumento.
Le mani-architettura di Titonel - il colore è sempre di un bruno-terra simbolo di un mondo rotondeggiante, naturale e non sofisticato, di sensazioni primitive di appagamento e semplicità, che in questo caso svaria dal terracotta al grigio polvere - rivelano movimenti che vengono eseguiti con calma, possiedono pathos e talora enfasi, sono imponenti, esse danno segni che possono essere ampiamente capiti, ma se vengono eseguiti rapidamente, il gesto appare del tutto diverso: è l'espressione di un sentimento vivo e incontrollato, impulsivo, entusiasta o furente, capace di intimidire. Anche quando queste immagini si presentano a forma di "chiesa", "castello", "città", "piazza d'Italia", "Antico guerriero", esprimono un particolare riserbo, e tradiscono una profonda commozione interiore dell'autore.
E non c'è dubbio che quanto più intensamente entrano in gioco i sentimenti, tanto più accentuata sarà anche la gestualità. Nei gesti possiamo osservare più facilmente la dissonanza fra le parole della vita e il linguaggio corporeo. Anche se dobbiamo tenere conto che una parte delle informazioni che riceviamo dalle mani sono certo fornite dalla pelle, l'organo più grande e più poliedrico del nostro corpo, che rivela il confine tra l'"interno" e l'"esterno", lo stato della nostra salute mentale e fisica. Ma le mani di Titonel sono lignee, meccaniche, e ci conducono verso una sensualità, flessibile, e "povera".
Angelo Titonel con questa ultima serie di opere ci rende esplicito il concetto, legato alla comunicatività dell'immagine e della forma, che la mimica e la gestualità possiedono, se accomunate, un maggior potenziale comunicativo, e non meraviglia certamente sapere che proprio la combinazione di queste due categorie di segnali è particolarmente rivelatrice, perché ci costringono a cercare un'energia di concentrazione, ovvero una maggior attenzione di quanto non si faccia con chi parla in modo "aperto". Questa combinazione di gestualità aperta e chiusa, questa combinazione di due categorie di segnali, mostra sempre più che la quantità di informazioni che inviamo, che riceviamo da queste tavole, peraltro dipinte magistralmente, dove la materia è pettinata e levigata, arriva soprattutto dal pensiero e dalla mano, con il loro contenuto di verità.
Ma il messaggio che ci viene incontro con forza in queste opere, con le loro icone simboliche, è che il potere è diventato più subdolo, più mascherato, più nascosto, ma proprio per questo pervasivo, fino a permeare il nostro inconscio, al punto di farci apparire ovvia quella che in realtà è una sua imposizione. La nostra civiltà non è tenuta insieme dalle idee di bellezza, verità, giustizia, pace, convivenza di popoli, ma dalle idee di commercio, proprietà, prodotto, scambio, valore, profitto, denaro, che in un modo inconscio governano la vita occidentale, e, per imitazione, di tutti gli uomini del pianeta.
Trattandosi di "pervasività inconscia", con cui il potere oggi condiziona la nostra mente, è allora tempo che la psicologia, la letteratura, la musica, le arti visive, si destino dal torpore profondo in cui sono assopite e capiscano, come fa Titonel con le sue metafore, che sono le idee dis-funzionali del mondo di oggi, ad aver bisogno dell'aiuto dell'arte autentica, per sanare le ferite del bambino interiore del nostro passato. A un potere che ci forgia con idee che fanno riferimento al consumo, alla passività, al narcisismo individualistico, un artista come Titonel contrappone il potere delle idee che non rifuggono sicuramente dalla visione immaginativa, da un pensiero avventuroso e seduttivo capace di influenzare positivamente i valori di fondo della vita.
Le mani dipinte da Titonel, che si stagliano su un infinito cosmico di buio (forse un buco nero), come delle architetture utopiche, che si presentano quali entità volumetriche chiuse e perfette, universo nell'universo, solidi geometrici che individuano la sintesi di idea e cosa, sono la forma per eccellenza.
La tipologia di queste mani-architettura varia tra la rappresentazione con quattro dita, oppure cinque. Quelle che si presentano con quattro dita-pinnacolo indicano un edificio solido che metaforizza i quattro domini dell'universo: le regioni dello spazio, i mondi, le luci, i sensi, l'universalità. Le feritoie che vediamo su queste torri in fondo non sono che occhi, o porte di perfezionamento mistico, che si possono avvicinare all'evoluzione quaternaria dell'anima secondo le teorie di Jung. Il numero cinque è segno di unione, dell'armonia, dell'equilibrio, dei cinque sensi, dell'uomo individuale rispetto all'uomo universale, della vita manifestata. Ma per Titonel sia la quaternità che l'armonia pentagonale dei pitagorici lascia il suo segno nella struttura architettonica delle sue forme, così come ha lasciato il suo segno nell'architettura delle cattedrali romaniche e gotiche. Queste forme chiuse e compatte non bastano però a esprimere completamente il pensiero dell'artista, quindi egli accentua la rottura tra certe parti delle mani o dei corpi, le sottolinea con dislivelli, o tonalità di colore diverso. Titonel sembra guardare con acuta ironia gli affascinanti esperimenti tecnici connessi all'alchimia e alla meccanica (automi), che hanno preceduto la maturità dell'epoca tecnologica. Gli automi o i robot non indicano solo una costruzione meccanica dell'uomo, che ne limita le sembianze e le azioni: essi sono anche inscritti nell'istanza del dominio, del controllo, del comando. Si tratta di un'idea non solo contemporanea, infatti essa ha una storia, profondamente intrecciata alla storia stessa dello sviluppo scientifico e delle idee. In filigrana, nella storia dell'idea di robot, è possibile rintracciare lo sforzo continuo dell'uomo per impadronirsi dei segreti stessi della creazione, ma anche per liberarsi dal peso della lotta per la vita, della fatica, che richiede costruire il regno della libertà.
Queste opere di Titonel non indicano solo una costruzione meccanica dell'uomo che ne imiti le sembianze e le azioni, ma adombrano al dominio sulla natura, e ad un doppio dell'uomo, un analogo, che in quanto tale ne introietta gli interrogativi.
Certe opere "Giochi dei Birilli", "Il gesto", "La Vendetta", ci confermano che siamo diventati organismi e non più corpi, siamo diventati genere e non più individui, ci ricordano la morte che la scienza medica porta ancora con sé come esperienza rinascimentale dello scalpello con cui si sezionavano i cadaveri.
Questa educazione sottile che ci obbliga a pensarci organismi, questa farmacopea assillante per cui finiamo per aver più fiducia nella pillola che ci fa dormire piuttosto che nella giustizia interiore, queste conseguenze mentali, questa ideologia sorretta dagli psicofarmaci produrrà certamente nella solitudine dell'individuo un desiderio d'anima (anima intesa nel modo occidentale) che nasce quando, ridotto il corpo a organismo, non si potrà trovare il senso di sé, se non in una fantomatica entità che ciascuno di noi è costretto ad inventarsi per disperazione.
Opere come "Burka", "Nascondersi", "Dentro il saio", "Madonna", ci dicono che il volto, con le mani, è una delle parti privilegiate del corpo, è ciò che ci comunica l'essenza di una persona, è faccia, in cui si rivelano le emozioni, i sentimenti, i pensieri segreti, è lo "specchio dell'anima", ma in questo caso i segni esteriori ci portano all'"assenza" del personaggio uomo.
Tutti questi lavori presenti in mostra ci dicono che in ogni gesto - ed è il gesto che fa nascere il corpo nell'opacità della carne - c'è la relazione di Titonel col mondo, il suo modo di vederlo e di sentirlo, la sua eredità, la sua educazione, il suo ambiente, la sua costituzione psicologica. Nella violenza del suo gesto o nella sua delicatezza, c'è tutta al sua biografia, la qualità del suo rapporto col mondo, il suo modo di offrirsi.